Romanzo di Jan Brokken, Iperborea, 465 pp, più annessi, 19,50 €
L’autore è un giornalista e scrittore olandese che non nasconde le sue simpatie e antipatie. Gli piacciono i Tedeschi del Baltico, gli Ebrei e in parte anche i Baltici autentici, ammesso che di Baltici autentici si possa parlare, visto quanto questi popoli si sono mescolati tra loro. Ha in odio i Russi, i comunisti di tutte le etnie e in buona misura anche i Polacchi. Non sembra di tenere in gran conto cosa le varie etnie pensino le une delle altre, così come non è chiaro quanto i Russi siano odiati perché colonialisti, o perché comunisti, o per entrambi i motivi. Il libro è comunque interessante, anche se un po’ faticoso per essere a metà tra il saggio storico e la realtà romanzata: lo stile è sovente quello letterario, mentre l’argomento è prevalentemente storico. Sembra un po’ la prosa giornalistica della stampa italiana di qualche anno fa, quando molti giornalisti avevano velleità letterarie. Due punti importanti:
La descrizione della vita culturale, e non solo, degli Ebrei di Vilnius fatta nel 1924 da Alfred Döblin, dove dice che parlano yiddish ed ebraico, ma sono tuttavia uomini moderni di una nazione occidentale.
La conversione di Jacob Rothkowitz, padre di Mark Rothko, dalla socialdemocrazia al sionismo, a seguito della repressione zarista degli Ebrei dopo la rivolta del 1905 e la sua influenza sulla pittura di Rothko.