Considerazioni sui metodi vaccinali
Niente dirò pro o contro i vaccini disponibili: l’importante è che ci siano, e che siano di qualità adeguata e a disposizione di tutti. Mi interessa invece dire qualcosa su come i vaccini vengano gestiti in Italia.
La sanità italiana ha scelto di vaccinare seguendo i protocolli approvati dagli enti FDA e EMA, e credo di dover concordare in pieno: il protocollo di utilizzo è parte integrante del progetto del vaccino, e ogni deviazione può essere fonte non solo di rischio, ma anche, e sicuramente, di modifica della catena di responsabilità. Resta da vedere come si debbano gestire le priorità: dato per scontato che gli operatori della sanità dovessero essere vaccinati per primi, come è meglio andare avanti, ridurre il danno, o ridurre le possibilità del contagio?
Per ridurre il danno, cioè la perdita di vite umane, la scelta può essere quella di vaccinare per primi i soggetti più “fragili”, cioè quelli che maggiormente rischiano di soccombere nel caso che contraggano l’infezione.
Per ridurre il contagio, si possono invece vaccinare per prime le persone che, per motivi di lavoro o di pubblica utilità, si trovano a incontrare molte persone diverse e che possono perciò diventare veicoli d’infezione (e qui do per certo, altrimenti il discorso non va avanti, che le persone vaccinate cessino anche di essere veicoli dell’infezione, cosa che è ancora in discussione).
Sembra una sciocchezza, ma non lo è, perché è evidente che l’obiettivo è sempre uno: impedire che le persone muoiano. Nel primo caso, si adotta una forma di difesa passiva, cioè si costruisce la muraglia intorno ai soggetti che rischiano di più. Nel secondo caso, si adotta una difesa più aggressiva, con la quale si proteggono i soggetti “fragili” riducendo la loro possibilità di venire a contatto con persone che possano infettarli.
Cosa è meglio fare, qual è la strategia migliore? Ovviamente, non sono in grado di dire quale sia la scelta giusta, ma capisco che quanti, per la loro funzione, si trovano nella necessità di scegliere abbiano difficoltà a prendere una simile decisione, e non mi sento di gettare la croce addosso ad essi qualora oscillino fra decisioni opposte. L’importante è che siano sempre in buona fede e che siano sempre pronti a correggere eventuali errori senza intestardirsi a difendere le posizioni già prese.
Rifuggo dall’idea di proteggere prioritariamente le persone che possono maggiormente incidere sull’economia, perché la trovo eticamente ripugnante.