Lettera a Bsev

Sulla guerra

Caro Beppe, ho 70 anni e abito a Lucca.

Mia nonna Natalina Paci (Limite sull’Arno, 25/12/1894 – Empoli, 05/12/1983) aveva 20 anni quando il Regno d’Italia dichiarò guerra agli Imperi Centrali, ed era nubile. Ne aveva 45 quando il Duce decise di soccorrere il presunto vincitore della guerra incominciata un anno prima; a quel punto, nonna Natalina aveva un marito, un figlio e una figlia (mia mamma). Quando quella la guerra finì, il figlio non c’era più: mio zio, che non ho conosciuto, era stato fagocitato dagli eventi bellici. Non aveva ancora compiuto 20 anni.

Ben si capisce che mia nonna, vissute due guerre e perso un figlio, non volesse più sentir parlare di guerra, né di quelle trascorse, né delle altre che non sono mai mancate nei decenni successivi. Oggi, mi sta succedendo la stessa cosa: pur non avendo mai vissuto dentro una guerra, come, per fortuna, quasi tutti noi italiani, non riesco più a sentir parlare di guerra senza avvertire qualcosa che mi rode, in particolare per quelle presenti, e preferisco tenermi informato in maniera essenziale sui fatti dei conflitti in corso. Non solo Ucraina, ma anche Yemen e Medio Oriente, tutte quelle d’Africa e d’Asia.

E ancor più, rifuggo le notizie sulle ricadute economiche, che mi sembrano cose piccine piccine di fronte alla tragedia della guerra, e mi stupisco di come queste informazioni riempiano i giornali. Forse, è proprio questo il problema: si può pensare prioritariamente a se stessi quando è messa in dubbio la tua sopravvivenza o quella della tua famiglia, fisicamente o economicamente, ma non è ammissibile che lo faccia chi è al sicuro. Io, cerco di evitarlo e spero di riuscirci.

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