Saggio di Carlo Rovelli
Giunto alla fine di questo piccolo libro, devo chiedermi: ma l’ho capito? Pur avendolo letto due volte, temo che la risposta debba essere che l’ho capito solo in parte. E però, alcune cose le ho imparate e mi sono posto alcune domande.
Vediamo cosa ho imparato.
- La prima cosa importante è che Carlo Rovelli possiede una cultura molto vasta che gli permette di spaziare tra la fisica, la letteratura internazionale, la filosofia e probabilmente molto altro ancora. Naturalmente, il fatto che parli di tutto non significa che abbia sempre ragione e che su tutto sia autorevole.
- Tutto corre verso una condizione di equilibrio, e i motori dell’universo sono gli squilibri. Quando questo equilibrio fosse stato raggiunto, e con esso il massimo dell’entropia, niente potrebbe più evolvere, non ci sarebbe più energia spendibile e quindi niente potrebbe più esistere. La direzione del tempo è la tendenza globale al riequilibrio, e il tempo è una forma di stoccaggio della memoria.
- La gravità è la quinta dimensione, in grado di comprimere spazio e tempo. Dove le distorsioni dovute alla gravità sono così forti da generare effetti quantistici, non funzionano più le equazioni della relatività generale.
- L’influenza della gravità sullo scorrere del tempo non è modesta come pensavo, ma è molto forte. All’interno di un buco nero, o anche in prossimità di esso, lo scorrere del tempo è completamente diverso da quello che verifichiamo fuori dal suo orizzonte. La gravità influenza lo scorrere del tempo anche su piccola scala, per esempio tra montagna e pianura. Dove la gravità è più forte, il tempo trascorre più lentamente.
- La gravità influenza la velocità della luce, che si annulla sull’orizzonte di un buco nero. La caduta dei gravi è dovuta all’incurvamento dello spazio e del tempo dovuto alla gravità: l’esatto contrario di quanto è intuibile senza ricorrere alle equazioni di Einstein.
- In tutti i processi irreversibili c’è scambio di calore e viceversa: lo scambio di calore è il marchio dell’irreversibilità. Solo i fenomeni irreversibili distinguono il passato dal futuro. Il passato è riconoscibile dalle tracce dei processi irreversibili avvenuti. Ogni decisione per il futuro deriva da uno stato di disequilibrio che cerchiamo di risolvere. Tutta l’informazione esistente è la traccia di un passato disequilibrio, risolto o meno che sia.
- I buchi neri non sono necessariamente grandi. Abbiamo cognizione esatta dei buchi neri grandi e grandissimi, e non ne abbiamo di quelli piccoli, ma quel che determina il formarsi dell’orizzonte degli eventi, dove il tempo si ferma e lo spazio si strappa, non è la massa, ma la sua concentrazione, la sua densità. La materia oscura potrebbe essere formata da buchi bianchi e neri piccoli e piccolissimi.
- È giusto pensare che gran parte delle idee nascano per analogia, ma la scienza non può fare a meno dei sillogismi. Mi viene in mente il prof. Enrico Pistolesi, che mai ne avrebbe fatto a meno. Non l’ho conosciuto, ma ho studiato sui suoi libri.
E poi ci sono i dubbi e le domande irrisolte:
- Di cosa è fatto un buco nero? Elio? Altri elementi? O particelle non organizzate in atomi? O altro ancora? E i buchi neri nati come tali, senza che siano passati dallo stadio di stelle, hanno la stessa natura, o ne hanno un’altra?
- L’imbuto si allunga nel tempo: quale tempo? Il tempo lentissimo dell’orizzonte, o un altro? Può esistere un tempo di riferimento valido per l’universo intero?
- Cos’è il ribaltamento del tempo? Se ne può davvero parlare? Quando si suppone che fenomeni di tunnel quantistico possano verificarsi dove la densità raggiunge lo stadio dello spazio quantistico, e che ciò possa portare a transizioni dello spazio da una configurazione a un’altra, perché considerarlo un ribaltamento del tempo? È solo un’analogia che serve per spiegare, o è altro? E al momento del salto quantistico, come possiamo pensare alla struttura della materia?
- Se niente, dall’esterno, distingue i buchi bianchi da quelli neri, come facciamo a dire “Questo è un buco bianco e questo è un buco nero”? E come facciamo allora a dire che ci sono buchi bianchi e buchi neri, e non soltanto buchi in cui la materia ha una densità altissima? Alla fine, come sappiamo che la distinzione tra buchi neri e bianchi non è solo una nostra costruzione teorica?
L’unica vera conclusione, dal mio punto di vista, può essere solo questa: come siamo piccini! E io, che sono il più piccino di tutti, e che riesco a imparare ben poco da quel che scrive Rovelli, mi faccio l’unico vanto di pormi dei problemi e di farmi delle domande, che è un modo, per dirla con l’autore, di rendermi conto di determinati disequilibri e di provare a riequilibrarli.