Il nostro medico di famiglia
Pietro Mazzoni, che Luciano chiamava Pietrino, è stato il nostro medico di famiglia fino a quando avevo più di venti anni. Era nato nel 1914 e aveva incominciato a esercitare la professione medica quando aveva oltre trenta anni, complice anche la prigionia in Germania. Mi ha assistito nella mia malattia reumatica del ‘60 e nell’epatite A del ‘62. Non ricordo quando abbia lasciato il lavoro, e neppure quando sia morto.
Pietro Mazzoni, sposato con Margherita Giorgi, ebbe due figli, Marco, nato nel ‘50, e Claudio, nato, se ricordo bene, nel ‘54. Ma poco tempo dopo gli fu diagnosticata una malattia cardiaca, e lui si convinse di aver poco da vivere. Poi non fu così, ma lui decise di essere marginale nella vita dei suoi figli, in modo che non sentissero troppo la sua mancanza, quando non ci fosse stato più.
Non so come mi sarei comportato in una simile evenienza, e ringrazio il cielo per non essermi mai trovato in situazioni analoghe, ma quel comportamento ha un fondo di saggezza che può essere applicato in altri casi. Se ne può addirittura ricavare una norma valida per tutti anche, ma è solo un esempio, nel lavoro: se non puoi essere sempre disponibile, non devi renderti indispensabile, oppure, ma è la stessa cosa, se ti rendi indispensabile, devi essere sempre disponibile. Vale per certi accentratori, che poi si lamentano di non avere più tempo per se stessi.
Vale anche in famiglia? A volte sì. Pietrino l’applicava in senso negativo: mi defilo per evitare futuri turbamenti; può valere anche in senso positivo: cerco di non essere ingombrante per permettere una crescita più libera; oppure il contrario, faccio il gendarme, per evitare errori di percorso. Scegliere non è facile, e ogni caso è diverso da tutti gli altri.