Romanzo di Gianrico Carofiglio
Stavolta l’avvocato Guerrieri si trova a difendere una signora rea confessa. Il suo compito è quello di appellarsi alla legittima difesa (ma lui è il primo a non credere a questa tesi) o, in subordine, a contenere quanto più possibile la pena. Non dico, naturalmente, quale sia il risultato, cioè la sentenza, ma il caso è enigmatico per tutti, forse anche per l’imputata.
Al di là del caso e del processo, l’avvocato parla soprattutto con se stesso, e si chiede se questa sia la sua missione e, insieme, quale giustizia sia la più auspicabile: la legge è legge, ma la giustizia, quella vera, si fa applicando le leggi, o in altro modo? Sembra che il suo scopo sia cercare di vedere i fatti sotto tutti i punti di vista: quello della vittima e dei suoi congiunti, quello del colpevole e dei suoi congiunti, quello del giudice, quello del pubblico ministero, quello dell’avvocato, quello dell’opinione pubblica e quello della società. Sono tutti diversi e difficili da conciliare, tanto che alla fine non rimane che affidarsi all’oggettività della legge. Sembra questa la logica finale.