“L’Italia è irriconoscibile. Non faccio altro che domandarmi come siamo precipitati nella ferocia e nell’ostentazione della cattiveria di questi anni, trasformandoci nel buco nero dell’umanità, dopo i grandi slanci degli anni sessanta”.
Le osservazioni di Marco Revelli sono importanti e condivisibili, e mi fanno riflettere sulla schizofrenia della politica italiana in una nuova luce: anche la sinistra è affetta da quel morbo, e ha confuso la realtà con i propri desideri. C’è stato l’errore di base, autore Enrico Berlinguer, di sottovalutare la marcia dei 40000 di Torino, nel 1980, ma da allora sono passati quasi 40 anni, e ancora non si è riusciti a fare i conti con quella frattura: non si sono ancora riconosciuti i cambiamenti del mondo del lavoro; non si sono riconosciute le vere e nuove sacche di povertà; non si è ancora capito cosa vada solo governato e cosa invece vada indirizzato. E così, si continua ad annaspare, come se si potesse continuare a gestire l’esistente senza mettere mai in campo un’idea forte fidandosi del fatto che il voto ai populisti è solo un voto di vendetta, che prima o poi rientrerà, e che i rigurgiti di fascismo sono residui del passato, e non un fenomeno tanto nuovo quanto pericoloso. E allora, ha ragione Revelli a chiedere una nuova stagione di ascolto, perché “la sinistra che crede di avere solo cose da insegnare, ma niente di imparare, è spacciata in partenza.”