“L’ideologia populista dice che il popolo è puro, mentre le élite sono corrotte; dice che la “vox populi” è superiore alla voce degli esperti; dice che il consenso si forma ascoltando il popolo e non con le “formalità” della democrazia; dice che conta il popolo e non l’individuo. Quando sappiamo che uno dei pilastri della democrazia è proprio la libertà individuale, l’irriducibilità del valore della persona umana. Proprio della singola persona, non del “popolo” in generale.”
Queste sono le conclusioni di una serie di articoli di Preiti sul populismo, in cui descrive il populismo come un frutto digitale della società degli esclusi, e pertanto come un fenomeno culturale e identitario, prima che politico. Se e quanto questo frutto sia figlio di questo mondo digitale, e quanto invece prescinda da esso, non saprei dire, ma mi torna in mente Amartya Sen, e il suo imprescindibile La libertà individuale come impegno sociale: forse è proprio da lì, che è necessario ripartire.