La prossima opportunità sarà peggiore di questa
Sono un esodato della seconda generazione, quella del “dopo Fornero”. Quindi, nel mio caso, “il datore di lavoro si” è impegnato “a corrispondere … una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, ed a corrispondere all’INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento” (art. 4, comma 1). Questo accadeva a fine Settembre 2013, quando mi mancavano tre anni al raggiungimento dei requisiti minimi, come nato nel 1952. Personalmente, sarei rimasto a lavorare ancora, ma il mio capo mi disse: “guarda che la prossima opportunità sarà peggiore di questa”, e allora decisi di aderire all’esodo incentivato. Attualmente, ricevo mensilmente una isopensione di circa 2700 € per tredici mensilità e un incentivo all’esodo di circa 450 € per dodici mensilità. Ovviamente, l’incentivo verrà a decadere con il pensionamento effettivo, che dovrebbe avvenire fra diciassette mesi: la data esatta dipende dall’applicazione dell’incremento di aspettativa di vita.
In questi giorni, mi trovo a chiedermi cosa accadrà in caso di modifica della legge Fornero, e in particolare se tale modifica comporterà della penalizzazioni per il mio trattamento pensionistico. Nel caso che venga applicato quanto ora si prospetta, cioè la possibilità di “lasciare prima il lavoro con una pensione minore e dare più spazio ai giovani” e si parla di “forme di flessibilità con penalizzazioni crescenti dell’assegno quanto più ci si allontana dall’età standard per la vecchiaia”, come sarà considerato il fatto che io abbia lasciato il lavoro tre anni prima del raggiungimento dei requisiti minimi? Verrò posto immediatamente in pensione, con sospensione dell’incentivo? Subirò la penalizzazione dovuta all’interruzione della contribuzione del datore di lavoro all’INPS, e quindi del trattamento contributivo pro quota, o ce ne sarà anche un’altra? Il maggior cruccio, praticamente l’unico, è che in ogni caso, non potrò farci niente, e dovrò subire la mia sorte, qualunque essa sia, senza nessuna possibilità di prendere delle contromisure, nonostante le mie capacità di lavoro siano ancora intatte.