Ho fatto il richiamo del vaccino
Ieri ho ricevuto il richiamo del vaccino CoViD 19, che stavolta era il Moderna, e non il Pfizer delle prime due dosi. Non ho sintomi di alcun genere e quindi va bene così.
Mi viene inevitabilmente da pensare a quel che dice il professor Cacciari: lo dico con il massimo rispetto e mi guardo bene dal confonderlo con quelli che rifiutano il vaccino. Se ho capito bene, Cacciari dice che il vaccino non basta, e che ci vuole altro. Inoltre, teme che continuando così, vivremo in uno stato di emergenza permanente. Faccio due timide osservazioni:
- Sappiamo tutti benissimo che stiamo attraversando una fase destinata ad averne altre in cascata. Questa stessa fase non è neppure la prima, perché prima c’è stata quella in cui non si sapeva affrontare la malattia in nessun modo (prima metà del 2020), come si può vedere dal rapporto altissimo che c’era in quel periodo tra decessi e contagi. In seguito, qualcosa gradualmente è migliorato, ma il cambio di passo c’è stato solo con la disponibilità dei vaccini. Avremo sicuramente una seconda generazione di vaccini, ancora per tamponare una situazione che rischia di sfuggirci di mano, e poi, forse, una terza generazione risolutiva, come accadde per la poliomielite. Intanto, continueranno anche a migliorare le terapie inalatorie e farmacologiche, e forse allora il professore sarà più contento, ma oggi l’arma migliore di cui disponiamo è questo vaccino, e questo dobbiamo fare. Però, vorrei sapere quali sono i fatti di cui parlano gli scienziati cari al professore e quali le loro opinioni, perché queste cose non le ho ancora capite, e, di conseguenza, non ho capito neppure a quali conclusioni il professore voglia giungere.
- Circa il timore di uno stato di emergenza permanente, non prendiamoci in giro. Parlare oggi, in Italia, di violazione dei diritti umani è una sciocchezza e una vergogna, come se fossimo nell’Uganda di Idi Amin Dada o nell’Argentina di Jorge Rafael Videla, ma è comunque strettamente necessario rispettare la legge, e quindi anche le limitazioni nel tempo che la legge impone allo stato di emergenza. Ma è necessario anche ricordare che lo stato di emergenza coinvolge essenzialmente le modalità della decretazione da parte dell’esecutivo, ma non determina, come forse molti pensano, l’abolizione delle limitazioni conseguenti all’epidemia. Anche qui, sarebbe veramente necessario fare la massima chiarezza, perché c’è un serio rischio di travisamenti: la fine dello stato di emergenza non è la fine dell’emergenza.
In tutto questo, la stampa italiana non fa bella figura, perché dispone di opinionisti molto bravi, che non mancano di farci conoscere il loro parere; ma, pur avendo anche eccellenti giornalisti d’inchiesta, il loro lavoro, le loro inchieste, stentano assai di più a raggiungere i lettori e gli ascoltatori, forse perché l’inchiesta non fa spettacolo, non fa audience, e quindi non produce introiti pubblicitari per le televisioni, né per la carta stampata. Nel breve periodo, difficilmente vedremo cambiamenti.