Tornare alla normalità?

Vita nuova sotto l’insegna del feroce saladino

Ora dicono: tornare alla normalità. Senza specificare cosa significhi.

Se per normalità s’intende quella precedente all’epidemia, il ritorno sarebbe un suicidio. Dovremmo pur averlo capito che l’origine del virus è proprio lì, in quella vita convulsa che porta a calpestare ogni regola di convivenza con la natura, ad avere con essa uno scambio innaturale in cui, mancando molte specie del loro giusto spazio, le malattie si trasmettono in maniere che non conosciamo. Il ritorno a quella normalità ci esporrebbe ad altre epidemie, e la prossima sarebbe assai peggiore.

Dovranno cambiare molte cose: dal modo di lavorare a quello di abitare, di alimentarsi, di viaggiare, di gestire il tempo libero. E di curarsi. Tagliare gli spostamenti evitabili, consumare in modo responsabile, dedicare più tempo a se stessi e ai propri cari, mettendo da parte la bramosia di fare e strafare, mettendo da parte la bramosia di apparire. Se ne avvantaggerebbero sia la natura che l’umanità. Se ne avvantaggerebbe persino la politica, che, privata dell’importanza dell’apparire, tornerebbe a occuparsi in modo più serio della cosa pubblica.

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