Due parole sul gassificatore

Qualche preoccupazione personale

Presentazione

Sono Empolese, anche se da trentacinque anni non abito più a Empoli. A essa mi legano ancora molte cose: in primo luogo, le tombe dei miei genitori Lina e Luciano, di mio fratello Fulvio, dei miei nonni e altre ancora; e inoltre, molti amici e conoscenti e, in ultimo, alcuni residui di interessi economici insieme a mio nipote Lapo, figlio di Fulvio. Oggi ho settant’anni e sono in pensione da sei, con contributi versati per quarantuno, e con oltre trentadue passati a lavorare nel settore energetico.

Vista pertanto la mia qualifica da tecnico, oso ribaltare l’idea di Nietzsche, secondo cui “i fatti proprio non esistono, bensì esistono solo interpretazioni”, e da tecnico affermo che il punto di partenza sono i fatti, e in questo sono critico nei confronti di molti giornalisti e pubblicisti italiani, che spesso sono così desiderosi di dare la loro interpretazione e di esporre la loro opinione da dimenticarsi del tutto di esporre o narrare i fatti.

Io, invece, amo i fatti, specialmente quando sono espressi in termini matematici. “La fisica è la descrizione della natura fatta con mezzi matematici”: una ovvietà per un tecnico, un’eresia per altri, che son capaci di dirti che non si può descrivere compiutamente la natura con i mezzi della matematica. No, cari, non è vero che non si può; è vero tuttavia che non siamo ancora in grado di esprimere matematicamente alcuni aspetti della natura; ma se pensate a quanti passi in avanti si sono fatti da Galileo in poi, è facile supporre che molti altri se ne faranno in futuro, fino a limiti oggi sconosciuti.

Il gassificatore

Tutto ciò premesso, vengo a dire che vorrei esporre qualche preoccupazione personale sull’argomento che sembra dominare la cronaca e la politica di Empoli in questo periodo, vale a dire progettazione, costruzione, avviamento ed esercizio di un gassificatore.

Ma cos’è un gassificatore? È un impianto in cui in un reattore chimico, partendo da (input) materiali di scarto, si ricavano (output) combustibili gassosi e altri prodotti utili. Non va confuso con il termovalorizzatore, che è un impianto in cui l’input viene utilizzato per produrre calore utilizzabile, né, tanto meno, con l’inceneritore, utilizzato per lo smaltimento di rifiuti mediante un processo di combustione. Non va confuso neppure con il rigassificatore, destinato a ricevere le navi metaniere. A livello normativo, la differenza non è ben specificata, e tutto viene ricondotto all’inceneritore, ma ciò appare fuorviante e superato.

E a cosa serve un gassificatore? Per produrre in un reattore chimico la pirolisi di materiali organici provocando la scissione delle molecole organiche in altre più semplici, quali appunto quelle di metano, idrogeno e ossido di carbonio. Serve a evitare di conferire a discarica prodotti non riciclabili, dove dai residui organici si libererebbe metano in atmosfera, con un potenziale effetto serra venti volte superiore a quello della corrispondente anidride carbonica. Serve anche a evitare gli sprechi energetici propri del termovalorizzatore, la cui produzione di energia ha un rendimento più basso.

Quali sono, dunque, i fatti di cui si diceva? Si possono ricondurre a sette elementi principali:

  1. Input: cosa viene immesso nel reattore
  2. Output: cosa produce il reattore
  3. Temperatura: a quale temperatura opera il reattore
  4. Pressione: a quale pressione lavora il reattore
  5. Atmosfera: in quale atmosfera avviene la reazione
  6. Materiali: come è fatto e di cosa sono fatti il reattore e le sue pertinenze
  7. Utilizzo finale: come vengono impiegati i prodotti del gassificatore

Tutto qui? No, c’è dell’altro, tutto quello che riguarda meno la chimica e più le persone:

  1. Come è fatto l’impianto
  2. Chi fa che cosa
  3. Localizzazione dell’impianto
  4. La logistica dell’impianto
  5. Il programma cronologico di progettazione, costruzione e messa in servizio
  6. Controlli, collaudi, garanzie, responsabilità
Punto per punto

Vediamo in dettaglio i punti su esposti:

  • Input

Si è parlato di rifiuti non riciclabili. Cosa vuol dire? Rifiuti ospedalieri, rifiuti nocivi, rifiuti indifferenziati? Di quale origine? Civile, industriale, agricola? Cosa contengono? È presente del cloro, o del vanadio, o del nichel, o che altro? E cos’altro si inserisce nel reattore? Reagenti, catalizzatori, combustibili, comburenti? Tutto va specificato e niente deve restare sospeso. Finora, non ho trovato risposta a queste domande.

  • Output

Si divide in due parti essenziali: la parte nobile e gli effluenti. La parte nobile dovrebbe essere una miscela di gas combustibili, quali metano, ossido di carbonio, idrogeno e probabilmente altro ancora, da scindere in base alla destinazione. Poi, ci sono gli effluenti, che possono essere gassosi (fumi), liquidi (acque chimiche, acque oleose, acque meteoriche, acque sanitarie) e solidi (ceneri). Ebbene, i fumi cosa contengono? Sicuramente dell’anidride carbonica, auspicabilmente ridotta in forma liquida per il riutilizzo o lo stoccaggio, sicuramente del vapore d’acqua, sicuramente degli ossidi d’azoto da abbattere, sicuramente delle ceneri non captate: c’è altro? E le altre ceneri, quelle captate, che forma hanno? Saranno vetrificate, dice il sito del distretto circolare, e ciò dipende dal reattore e dal suo modo di funzionare. Come verranno utilizzate? Nell’industria ceramica, per pavimentazioni stradali, o che altro?

  • Temperatura

Semplice: a quale temperatura lavora il reattore? Dato che il sito suddetto parla di particolato vetrificato, la temperatura dovrebbe essere molto alta, oltre i 1000°C.

  • Pressione

Semplice: a quale pressione lavora il reattore? Al di sopra o al di sotto di 1 MPa? A tal fine, il sito del distretto circolare non è d’aiuto.

  • Atmosfera

Quale sarà il comburente del reattore, aria, ossigeno, o quale miscela? Il sito del distretto circolare dice solo che sarà una atmosfera povera di ossigeno, ma non ne dà la composizione, né dice come verrà preparata. A livello tecnico, si può ragionevolmente ipotizzare che ci sarà una parziale ricircolazione degli effluenti gassosi da miscelare con poca aria.

  • Materiali dei componenti dell’impianto

Premesso che dovrà sicuramente trattarsi di un reattore a flusso continuo, di quale tipo dovrà essere? A letto fluido? E di quali materiali sarà fatto? Avrà un rivestimento? Dovrebbe esserci un rivestimento con piastrelle di allumina elettrofusa, vista l’alta temperatura: come quelle delle camere di combustione delle turbine a gas, o dei forni fusori del vetro. Sarà quello a determinare l’intervallo di manutenzione (più o meno di dodici mesi), e quanto durerà il fuori servizio per manutenzione (più o meno di un mese)? Fondamentale: quanti reattori ci saranno nell’impianto, uno, due, più di due? A tal fine, il sito del distretto circolare non è d’aiuto. È opportuno che si conoscano dettagli anche su materiali solo apparentemente marginali, quali i cavi elettrici e la componentistica elettronica.

  • Utilizzo finale

Dato che il contenuto in ossido di carbonio non potrà essere trascurabile, non è pensabile di immettere la miscela di gas prodotta dal reattore nella rete SNAM: sarà necessario utilizzarlo localmente per produrre energia elettrica con un impianto a ciclo combinato o per utilizzi da parte di aziende poste in prossimità dell’impianto, ad esso collegate con una rete locale. L’idea di trasferire taluni prodotti con altri mezzi per l’utilizzo nell’industria o in agricoltura ha un sapore vagamente velleitario. Gli altri prodotti del gassificatore hanno diverse caratteristiche di peso e ingombro e sono più semplici da trasferire.

Come si può vedere, ci sono più domande che risposte, perché molti sono i dubbi e poche le certezze. Ma vediamo anche tutto il resto:

  • Come è fatto l’impianto

Il sito del distretto circolare fornisce indicazioni sulla collocazione della varie parti dell’impianto secondo sequenze non prive di logica, ma è carente su molti altri aspetti: manca un bilancio di massa; manca un fluogramma; manca uno schema elettrico; niente si dice sui sistemi di regolazione. Le mappe dell’impianto non rendono conto delle quote d’imposta: non possono dire se ci sarà un rilevato e non dice neppure se le parti più delicate dell’impianto saranno a terra o in elevazione: cosa importante, tenuto conto che l’area è alluvionabile (d’altra parte, tutta la zona industriale del Terrafino lo è). Insomma, mancano tutti i dettagli, e tutto resta a livello di principio: importante, certo, ma non può bastare. Occorrono molte altre informazioni per poter esprimere dei pareri informati.

  • Chi fa che cosa

Sembra che oggi vadano di moda progetti e contratti preparati dal mandatario, invece che dal mandante. Non so se nella committenza pubblica sia sempre stato così: io non ci sono abituato, per me è sempre stato il mandante a scrivere il capitolato (o la specifica), il computo metrico, il contratto e il programma cronologico, e non mi è mai capitato di gestire contratti scritti dal fornitore. Oggi, anche a seguito di bonus su cui i fornitori si sono tuffati ancor più dei committenti, assistiamo a questa che per me è una inversione della freccia. Per me, il più importante dei chi fa che cosa è proprio questo: chi prepara i documenti contrattuali, senza niente togliere all’importanza delle altre fasi, che comprendono non solo chi potrà dare le autorizzazioni, ma anche la scelta di chi fornisce i componenti, chi realizza i montaggi, chi controlla il lavoro in corso d’opera, chi esegue e giudica i collaudi, chi conduce l’impianto in esercizio.

  • Localizzazione dell’impianto

“Ma fateli lontano dalle città”: l’ho sentito dire tante volte a proposito di impianti energetici. Nacque così la centrale termoelettrica di Porto Tolle: cosa ci facciamo in quei posti desolati? Una bella centrale! Salvo poi dolersi di aver danneggiato un’area importante dal punto di vista naturalistico, come anche da quello paesaggistico. E salvo accorgersi che i lavoratori dovevano quotidianamente percorrere trenta, cinquanta e persino settanta chilometri, più relativo rientro, anche con la più impenetrabile delle nebbie e anche di notte, perché in questi impianti si lavora su h24. La scelta dell’area del Terrafino per il gassificatore toscano è infelice, sia per gli aspetti geologici, sia per la vicinanza all’abitato di Marcignana, ma non è facile farne una migliore. Cosa si propone? Pianosa? Gorgona? Impensabili per la logistica. Il lago dell’Accesa? La Val d’Orcia? Impensabili per gli aspetti paesaggistici. La Lunigiana? Il Mugello? Sono valli chiuse, con grossi rischi per la logistica e per il microclima. Tutto il nostro territorio è ricco di storia e densamente abitato. In una zona intatta non si può, dicono, perché deve restare intatta. In una zona degradata non si può, per non degradarla ulteriormente. E allora? Possibile che l’unica soluzione accettabile sia quella di non fare mai niente? La condanna all’immobilismo equivale a una condanna alla decadenza. Ovviamente, è possibile proporre altre collocazioni dell’impianto, e io intendo provarci, almeno a livello di provocazione.

  • La logistica

Il sito del distretto circolare non dice molto: parla di rafforzamento delle strade in uscita dalla superstrada e non va oltre. Forse sarebbe già meglio avere un’area di sosta a margine della superstrada e un collegamento con l’impianto, se localizzato nell’area prevista, con nastri trasportatori sotterranei, in modo da evitare l’uscita e il rientro degli autocarri dalla FI-PI-LI e la possibilità di dispersione dei rifiuti, che potrebbe aversi nel caso di nastri in superficie. Da non scartare neppure l’ipotesi di trasporto ferroviario, con area di sosta (uno scalo merci) nei pressi dell’impianto, a margine della linea FS e nastri trasportatori sotterranei.

  • Programma cronologico

Ahimè, il programma cronologico dipende più dalla disponibilità nel tempo delle risorse finanziarie, che dalle esigenze. Quando si costruisce l’impianto? Quando ci sono i soldi! Deve arrivare il finanziamento dalla Regione. No, dal Governo. No, dalla UE. No, dalle Nazioni Unite. No, dagli alieni. No, dal … (ahi, il secondo comandamento). Il resto del programma cronologico fa parte integrante del contratto che deve prevedere penali a carico del mandatario nel caso di mancato rispetto dei termini, facendo attenzione che, per evitare le penali, non si facciano deroghe sulla sicurezza del cantiere.

  • Controlli, collaudi, garanzie, responsabilità

“Ma non è un motore Mercedes” ho sentito dire da persone non sospette. Il riferimento era a propulsori montati su vetture a marchio Mercedes, ma costruiti da altri. È una critica corretta? No, non lo è. Quello che conta è il controllo di qualità: se la specifica di controllo qualità è quella Mercedes e viene applicata correttamente e quel propulsore ne supera i criteri, allora esso è Mercedes, anche se costruito in India, o in Corea, o sulla Luna. L’importanza della specifica di controllo qualità e delle relative garanzie e responsabilità viene spesso sottovalutata, per l’abitudine inveterata a non fidarsi, anche quando l’autore dei documenti applicati e l’esecutore dei controlli sono degni della massima stima. E allora, cosa si deve fare? Primo, accertarsi che la specifica di controllo sia adeguata; secondo, che i controlli siano fatti rigorosamente secondo i suoi dettami; terzo, che i criteri di accettabilità siano rispettati fedelmente. Se questo viene fatto bene, altro non c’è da aggiungere.

Alternative

E ora proviamo a proporre qualche altra soluzione.

  • L’area Vitrum

Lo spazio dell’area è scarso, e quindi scarsamente proponibile, ma vale la pena di parlarne per alcune valutazioni. Chi ricorda dove erano collocate le vetrerie più grandi di Empoli? La Vitrum e la Del Vivo erano praticamente in centro, l’una nei pressi della stazione e l’altra in Borgo. La Taddei era ai margini del centro, e anche quelle sorte in tempi successivi erano poco lontane: la CEV, la CIVE, la Fiascai …. La manifattura vetraria era dietro la stazione, e molti di noi ricordano e rimpiangono quella scritta che recitava “Ͷo! all’occupante straniero”. E tutte le vetrerie, fino almeno al 1960, usavano per i forni olio combustibile denso senza alcun abbattitore, liberando dense nubi di fumo nerissimo, senza che nessuno ci trovasse qualcosa di anomalo. Oggi, per fortuna, la sensibilità è diversa. Se ci fosse spazio sufficiente in quell’area (ma temo che non ci sia) gli aspetti logistici si risolverebbero mediante trasporto del rifiuto su rotaia, scalo merci sotterraneo e collegamento sotterraneo con nastri trasportatori dalla ferrovia all’impianto. Più difficile l’evacuazione di alcuni dei prodotti finali.

  • Le vecchie cave di ghiaia

Ai limiti del territorio comunale di Empoli verso Montelupo Fiorentino, le vecchie cave di ghiaia fra Cortenuova e Fibbiana sono un’area logisticamente simile a quella del Terrafino e superficie ampia, forse sufficiente. È necessario valutare bene gli aspetti geologici, presumibilmente non dissimili da quelli dell’area del Terrafino.

  • Via Piovola

L’area tra la superstrada e quella di Computer Gross è ampia a sufficienza per ospitare l’impianto e non ha maggiori difficoltà logistiche di quella del Terrafino, mentre è probabilmente migliore dal punto di vista geologico.

  • Via Salaiola

L’area è quella della ex Fiascai, e può essere sufficiente: dipende da quanto ci si vuole allargare verso via Carraia. Dal punto di vista logistico, non è diversa dalle altre.

  • Lo zuccherificio

Con il raddoppio della linea ferroviaria, può diventare appetibile l’area del vecchio zuccherificio di Granaiolo, ma probabilmente l’area compresa tra la ferrovia e il fiume Elsa è insufficiente. Diverso sarebbe il discorso andando sull’altra sponda del fiume, ma, in questo caso, l’impianto ricadrebbe nel territorio comunale di Castelfiorentino. Vanno considerate anche le difficoltà già presenti per il raddoppio della linea ferroviaria.

Conclusioni

E provo a concludere. Ma si tratta di conclusioni anomale, più che altro una richiesta d’informazioni, un elenco di cose che non sono state chiarite a sufficienza e che richiedono approfondimenti, anche non dubitando che questi dati esistano e che i progettisti abbiano le carte in regola. Ebbene, cosa manca? È un lungo elenco.

Input: è necessario conoscere la provenienza e la composizione dei rifiuti da trattare; occorre anche sapere cos’altro sarà introdotto nel reattore.

Output e utilizzo finale: è opportuno sapere quale sarà la destinazione di tutti i prodotti, evitando lunghi stoccaggi; è necessario sapere quale sarà il trattamento degli effluenti, in quali condizioni questi saranno scaricati (composizione, temperatura ecc) e dove finiranno.

Temperatura, pressione, atmosfera nel reattore: questi parametri devono essere resi noti.

Materiali dei componenti dell’impianto: è importante conoscere questi dettagli per avere un’idea di quali fermate dovrà subire l’impianto e come tali fermate potranno essere gestite. La sicurezza dell’impianto è strettamente legata ai materiali, compresi quelli delle pertinenze marginali.

Come è fatto l’impianto: si dovranno esporre il bilancio di massa, i fluogrammi, gli schemi elettrici, i principi della regolazione (di temperatura, di pressione, della chimica di processo), la struttura dei sistemi di controllo. Oltre alle viste in pianta e a fascinosi rendering dovranno essere esposte anche le viste in elevazione con le relative quote.

Chi fa che cosa: non sapendo bene a che punto siamo, non posso che esporre dei principi. Il progetto deve essere sviluppato dal committente mediante il lavoro di specialisti che non siano in conflitto d’interessi con il costruttore, i fornitori e il gestore, i quali dovranno essere scelti mediante gara tra soggetti qualificati.

Localizzazione dell’impianto: è l’elemento più critico; tutto il nostro territorio è straordinario, ma non si può accettare l’idea che l’unica soluzione sia quella di non fare mai niente. Quanto meno, è necessario stilare un elenco ordinato secondo priorità dei parametri di scelta: distanze, logistica, geologia, e molti altri, e procedere in base a quelli, anche per esclusione.

La logistica: non c’è solo la strada, ci sono anche la ferrovia e i nastri trasportatori, capaci di coprire distanze di alcuni chilometri; se ne può fare buon uso.

Programma cronologico: detto del vincolo principale (gli stanziamenti), il programma cronologico deve stare sui contratti e prevedere penalità in caso di sforamento.

Controlli, collaudi, garanzie, responsabilità: come già detto, bisogna accertarsi che la specifica di controllo sia adeguata; che i controlli e i collaudi siano fatti rigorosamente secondo i suoi dettami; che i criteri di accettabilità siano rispettati in pieno e senza deroghe, escludendo la compensazione economica di quanto si rivelasse inadeguato.

Un’ultima annotazione: la proprietà dell’impianto deve rimanere pubblica. Appaltarne la gestione, nelle dovute maniere, va bene; cederne la proprietà non va bene.

L’unica cosa veramente certa è che fare le cose per bene si può, e non è neppure difficile, ma non è scontato: possediamo tutte le conoscenze necessarie, ma per ottenere questo risultato c’è bisogno di molto lavoro qualificato.

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