Romanzo di Romain Gary
È un bel romanzo, un po’ magniloquente, forse, e non saprei dire se dipenda dall’autore o dal traduttore. Siamo in Normandia; Ludo e Lila si conoscono da bambini, e per lui è amore da subito. Vengono da due ambienti completamente diversi: lui è un francese campagnolo, e lei di famiglia polacca blasonata. Per contro, entrambi soffrono per le vicissitudini familiari: lui è orfano di entrambi i genitori e vive con uno zio gran costruttore di aquiloni, che tutti considerano un po’ matto; la famiglia di lei è memore del suo prestigio, e se ne compiace, ma patisce continui rovesci finanziari, dovuti anche al vizio del gioco. La separazione tra i due giovani avviene nel 1939, con lo scoppio della guerra mondiale, che affrontano lui nella resistenza all’occupazione nazista della Francia e lei collaborazionista per necessità, unica fonte di reddito per i genitori, incapaci di badare a se stessi. Si ritroveranno alla fine? Chi vuole saperlo deve leggere il libro, io non glielo dico. C’è una nutrita serie di personaggi di contorno molto interessanti e ben tracciati: la vecchia ebrea tenutaria di case chiuse, che si ricicla come nobile ungherese; il ristoratore normanno, convinto che la grandezza della Francia stia nella sua cucina; i fratelli di Lila, che maturano al momento del bisogno; il loro cugino tedesco innamorato di Lila, che mantiene vivo il senso dell’onore; una serie di personaggi minori, tra militari, spie, opportunisti; e soprattutto Ambroise, lo zio degli aquiloni, matto, sì, ma saggio in ugual misura e ancor più generoso. La descrizione della resistenza francese all’occupante non è priva di alcuni schematismi, ma tratteggia bene le diverse interpretazioni che ne danno Ludo e i suoi compagni. Ed è così diversa da quella italiana, forse perché durò cinque anni, contro i diciotto mesi di quella italiana.