Romanzo di Sandro Veronesi, La nave di Teseo, 360 pp, 20 €
Il vincitore del Premio Strega 2020 dimostra con questo romanzo di essere un grande scrittore, che sa dominare la sua materia, anche se ci vedo alcuni limitati cedimenti di cui dirò.
La prosa di Veronesi è varia, e i capitoli si susseguono molto diversi l’uno dall’altro. Si passa dal racconto in terza persona al romanzo epistolare, con un andamento dei tempi tanto discontinuo, quanto efficace: confusivo, non confuso. E non c’è mai, anche quando il mezzo d’espressione è una e-mail o un dialogo chat, un cedimento alla prosa raffazzonata che contraddistingue questi tempi in cui i nuovi barbari cercano di impadronirsi non solo del mondo civile e delle nostre coscienze, ma anche della grammatica e della sintassi. Un capitolo del romanzo è dominato dalla retorica, e questo è un peccato, perché non era necessario.
L’erudizione: a parte una ovvia messe di letture, quel che più conta è la padronanza assoluta delle fonti che Veronesi manifesta. Non si tratta solo di una vasta esposizione di libri, articoli, brani musicali e arti figurative, ma anche di pertinenza delle stesse con il racconto e una marcata onestà nell’attribuire paternità e meriti. Nell’epilogo, parlando di Perroni, dice di aver mantenuto il suo omaggio, che pure “non era granché” “per avere occasione di scrivere queste righe di riconoscenza”: forse, è accaduto così anche in altri casi, e a chissà quanti altri autori.
I luoghi: dicono che Veronesi ha descritto e utilizzato i luoghi della Maremma toscana senza conoscerli realmente: può darsi, perché no, ma le descrizioni sono sempre di tipo emotivo, mai di tipo fisico, e allora la critica diventa pretestuosa. Anche Malvaldi, che sicuramente conosce i luoghi, nei suoi romanzi “non bar lume”, li usa per il loro impatto emotivo, non per farne una location, e allora? Quel che conta è la funzionalità al racconto, che non manca mai.
Viene poi l’idea che sembra il filo conduttore del romanzo: c’è dinamica nello stare fermi? Sembra essere la domanda cardine del libro, che a essa risponde affermativamente. E la mia risposta è un racconto di sensazioni che ho provato nei tempi lunghi, da 50 anni, o poco meno, a questa parte: un tempo lunghissimo, durante il quale io credo di aver cambiato idea molte volte, ma senza perdere mai un solo filo di coerenza (o almeno, mi illudo che sia così). In questo, pur senza voler considerare emblematico il mio caso singolo, vedo la mia dinamica: ho cambiato idea, mi sono spostato, ma ho mantenuto la mia coerenza. È una cosa profondamente diversa da quanti pretendono che ogni cambiamento sia un ribaltone: quelli sono solo degli ipocriti che vorrebbero poter girare tutti i cambiamenti a loro vantaggio, e io me ne voglio tenere lontanissimo.
Il sogno dell’uomo nuovo: quante volte, nella storia, c’è stato questo sogno! Certo, l’hanno fatto i grandi Maestri, primo fra tutti Gesù di Nazareth. E poi, anche maestri molto più piccoli, che è meglio non nominare e che bisognerebbe anche dimenticare. Se una generazione di uomini nuovi non è emersa negli ultimi diecimila anni, difficilmente ce ne sarà una in futuro. Quello a cui stiamo assistendo nei paesi ricchi è un fenomeno del tutto opposto e negativo, la fuga dalla responsabilità; e quando questa non c’è, allora è sostituita dal cinismo, ed è peggio. Nei paesi meno ricchi, la maggiore differenziazione sociale sposta il problema, che tuttavia esiste. E ora, che accadrà, possiamo solo sperare in un nuovo grande Maestro? È un’ipotesi remotissima.
L’uso del tempo: mi sono divertito a rifare l’indice del romanzo, trascrivendo titoli, tipologia, pagine e tempi di ciascun capitolo (nella tabella finale) e a mettere la corrispondenza tra tempi e pagine su un diagramma: non era solo una esercitazione intellettuale, ma anche cercare di vedere se ci sia, da parte dell’autore, un metodo, e quale. Se il metodo c’è, io non l’ho trovato, ma non ha importanza. Il diagramma, esposto in figura, sembra un grafo impazzito, il registratore cronologico di un evento catastrofico, e intanto, mi sono divertito.
Capitolo | Tipologia | Pagina | Data |
Si può ben dire | Racconto | 13 | 1999 |
Cartolina fermo posta | Lettera | 17 | 1998 |
Sì o no | Racconto | 19 | 1999 |
Purtroppo | Lettera | 29 | 1981 |
L’occhio del ciclone | Racconto | 33 | 1979 |
Questa cosa | Lettera | 41 | 1999 |
Un bambino felice | Racconto | 43 | 1970 |
Un inventario | 50 | 2008 | |
Aerei | Racconto | 55 | 2000 |
Una certa frase magica | Lettera | 63 | 1983 |
L’ultima notte d’innocenza | Racconto | 67 | 1979 |
Urania | 73 | 2008 | |
Gospodiné | Racconto | 83 | 1974 |
Seconda lettera sul colibrì | Lettera | 91 | 2005 |
Un filo, un mago, tre crepe | Racconto | 93 | 1995 |
Validi | 105 | 2008 | |
Fatalities | Racconto | 111 | 1979 |
Un auspicio sbagliato | Chat | 117 | 2010 |
Com’è andata | Racconto | 119 | 2010 |
Non c’eri | Lettera | 127 | 2005 |
Solo che | Racconto | 131 | 1999 |
Fermati prima | Lettera | 145 | 2001 |
Di crescita e di forma | Racconto | 149 | 1974 |
Prima lettera sul colibrì | Lettera | 157 | 2005 |
Miraijin | Racconto | 162 | 2010 |
Tutta una vita | Lettera | 179 | 1998 |
Ai mulinelli | Racconto | 183 | 1974 |
Weltschmerts & Co. | 189 | 2009 | |
Gloomy Sunday | Racconto | 195 | 1981 |
Eccola, scende | 211 | 2012 | |
Shakul & Co. | Racconto | 213 | 2012 |
Soppesato | 221 | 2009 | |
Via crucis | Racconto | 228 | 2005 |
Per dare e per ricevere | Chat | 245 | 2012 |
Mascherina | Racconto | 247 | 2012 |
Brabantì | Lettera | 261 | 2015 |
Andar per bocca | Racconto | 267 | 2013 |
Gli sguardi sono corpo | 277 | 2013 | |
I lupi non uccidono i cervi sfortunati | Racconto | 286 | 2016 |
Terza lettera sul colibrì | Lettera | 295 | 2018 |
Le cose come stanno | Racconto | 299 | 2016 |
Ultima | Lettera | 311 | 2018 |
L’uomo nuovo | Racconto | 315 | 2029 |
A disposizione | Lettera | 335 | 2030 |
Le invasioni barbariche | Racconto | 337 | 2030 |
Questo vecchio cielo | Lettera | 357 | 1997 |