Film di Gianni Amelio
La storia, dice il sottotitolo, è “liberamente ispirata a fatti avvenuti nell’Italia degli anni Sessanta”, e l’Italia degli anni ’60 ne è protagonista. Il caso di Aldo Braibanti e Ettore (nome vero il primo, di fantasia il secondo) è trattato con sensibilità e maestria, anche se alcuni critici hanno rilevato un marcato eccesso di distacco e pragmatismo, escludendo il film dal podio della mostra di Venezia. Al di là del caso di plagio intentato contro Braibanti, che nascondeva la volontà di colpire l’omosessualità in quanto tale, qui si parla di quell’Italietta misera e meschina a cui alcuni vorrebbero tornare, e che noi speriamo non sia mai. Hanno detto che in Italia, in quel periodo, i laici erano schiacciati tra il cattolicesimo e il marxismo, che la facevano da padroni, ma forse questa impostazione è troppo semplicistica, e si dovrebbe andare più a fondo. Il laicismo non è soltanto il rifiuto di tutte le ideologie e di tutti i dogmi, è molto di più. È critica, ironia, scetticismo e anche un pizzico di cinismo, nell’accezione dei filosofi cinici. Ne riparleremo.