La penisola che non c’è

Saggio di Nando Pagnoncelli sull’opinione pubblica
Sintesi

Nando Pagnoncelli da 35 anni ormai lavora nel settore delle ricerche demoscopiche e va considerato un grande specialista della materia, di cui è insegnante all’Università Cattolica di Milano. Ma la domanda è ancora quella: per chi ha scritto questo libro (Mondadori, 130 pp, 17 €), che, per questo autore, va considerato poco più che divulgativo? Non per gli specialisti o per gli studenti, ovviamente, e neppure per tastieristi da social, che non leggono questi libri; direi che va bene per non specialisti dotati di spirito critico, ma la maggior parte delle informazioni contenute nel libro sono già note a quella categoria di lettori: le contraddizioni dell’opinione pubblica italiana, il perdurare di pregiudizi (“È più facile scindere un atomo che abbattere un pregiudizio”, AE), la saga del livore contro tutti, la tendenza a chiudersi in un guscio (ma: “Gli animali col guscio non hanno spina dorsale”, GLP). E allora, tutto quello che si può dire a livello di sintesi si riferisce alla conclusione, ottimistica, del libro, ove si parla di una nuova identità e di una nuova narrazione. La nuova identità è quella delle generazioni più giovani, in cui l’autore trova un adattamento non passivo alle nuove situazioni createsi nelle società e nel mondo del lavoro, e la nuova narrazione è quella di una Italia di cui riscoprire i molti lati positivi e parlarne apertamente, ma senza la retorica di certi tromboni da campagna elettorale permanente. Si tratta di idee quanto mai interessanti, improntate a un cauto ottimismo, che meritano certamente di essere valutate e sviluppate, sia in  campo universitario, sia in campo politico, pur con il dubbio di come agire senza portare acqua ai mulini dei populismi. Se l’ottimismo di Pagnoncelli sia eccesivo, lo dirà il tempo, ma il problema più importante è il solito: quello della classe dirigente italiana, politica e imprenditoriale, se per caso non sia inadeguata persino rispetto ai meriti che anche questa società livorosa possiede.

Analisi e commento del testo
  • “I processi storici che hanno portato alla situazione italiana presente: scollamento tra il cosiddetto popolo e la cosiddetta élite; progressiva secolarizzazione del Paese; spiccato individualismo; ossessivo presentismo; appannamento della memoria storica; semplificazione estrema del linguaggio: la centralità del sondaggio.” Niente da aggiungere.
  • “Il sondaggio è, e dovrebbe rimanere, uno strumento di conoscenza, ma la tentazione è quella di trasformarlo o in un oracolo o in un veicolo primario di comunicazione.” Niente da aggiungere.
  • Le regole che Pagnoncelli ha dato a IPSOS:
      • Lavorare per qualsiasi partito, garantendo a tutti le stesse competenze professionali;
      • Astenersi dal prestare consulenza di comunicazione per i partiti e i leader politici;
      • Le ricerche sociopolitiche devono rimanere minoritarie rispetto alla totalità delle attività dell’Istituto (attualmente costituiscono il 5% del fatturato).
  • “Le persone mutano idea e spesso senza nemmeno rendersene conto.” Bisognerà starci attenti.
  • “Sempre di più le opinioni sono disgiunte dal principio di realtà: guidate in gran parte dalle emozioni e dai pregiudizi, sono figlie di percezioni umorali.” Niente da aggiungere.
  • “Se al centro dell’odierna società c’è l’opinione pubblica e la maggioranza di questa opinione pubblica è distante dalla realtà, che cosa ne sarà di quella stessa società?” Finisce male.
  • “Ciascuno si sente titolare di una sua verità e fa fatica a rinunciare ai propri pregiudizi e alla propria visione. Il dato reale è considerato, nella migliore delle ipotesi, un dato errato, ma più spesso una manipolazione.” Non è difficile rendersene conto, basta ragionare un po’ e osservare il mondo intorno a noi.
  • Una tendenza degli Italiani sistematicamente riscontrata nelle indagini demoscopiche: “È per certi versi incredibile, ma la costante è chiara e non conosce scarti: si attenuano i fenomeni considerati positivi, si accentuano quelli negativi.” Se gli scarti fossero modesti, si potrebbe pensare ad atteggiamenti di prudenza e conservatorismo, tutt’al più di pessimismo; ma dato che gli scarti osservati sono molto alti, c’è una sola spiegazione: paura. Ma se vai a dire a chiunque Ma tu hai paura? sono certo che la risposta sarebbe no.
  • “I discorsi da bar sport si estendono ormai a qualsiasi ambito.” Una volta si sarebbe detto a un barista Ma quanti discorsi a bischero ti tocca ascoltare dalla mattina alla sera! Oggi è peggio. Oggi che tutti si sentono specialisti in tutto, certi discorsi fanno accapponare la pelle. Non sono più a bischero, sono pericolosi.
  • “È come se ci bastasse urlare per sfogarci e questo fosse sufficiente.” È il famoso effetto ruttino citato da Dario in Mistero Buffo. Al tempo della guerra del Vietnam, Dario diceva che l’America dà ai suoi figli il diritto di ruttino. Cosa voleva dire con questo? Che gli Stati Uniti concedevano il diritto di manifestare, ma che poi i protagonisti stessi di queste manifestazioni si sarebbero guardati bene dall’andare oltre, e che peraltro, oltre quel punto non sarebbe stato consentito di andare. Insomma, un atto liberatorio, che permetteva loro, a tutti, ai manifestanti come al potere, di sentirsi a posto con la coscienza, ma niente di più.
  • I macrofenomeni alla base dell’indice di ignoranza, secondo Pagnoncelli: io mi accontenterei di poter agire sul primo dei tre, convinto che gli altri seguirebbero da soli. Purtroppo, le occasioni in tal senso sono state grossolanamente padellate dalla sinistra, e chissà quando si presenterà una nuova occasione.
      • La bassa scolarizzazione;
      • Una spiccata emozionalità;
      • Una dieta mediatica superficiale e poco variegata.
  • “Si danno per scontati il sistema sanitario, quello pensionistico, il welfare, gli ammortizzatori sociali, tutti dispositivi che per esempio negli Stati Uniti latitano e che i Paesi emergenti spesso ignorano quasi del tutto.” Fa tutto parte della mancanza di memoria storica e della scarsa conoscenza del mondo. Ci vorrà tempo per rimediare, salvo che arrivino dei malaugurati shock.
Analisi delle conclusioni
  • “È necessario riportare al centro dell’attenzione pubblica il dato reale.” E speriamo di riuscirci, perché sarà dura.
  • “È necessario un nuovo patto tra classe dirigente, media e cittadini.” È una rifondazione; probabilmente, la società non sarebbe più la stessa, e probabilmente persino la Costituzione andrebbe riscritta.
  • “Onori e oneri spettano in primo luogo a ciascuno di noi.” Ovvio.
  • “L’esercizio della critica è un diritto sacrosanto, ma perseverare nella critica “acritica”, alimentare la cultura del sospetto, usare le parole in modo incontrollato mina alla base i rapporti sociali.” Sacrosanto. Per cui…
  • Si vogliono riforme strutturali, purché riguardino gli altri: così non va, occorre sapersi mettere in discussione;
  • Anche il ruolo delle élite deve essere ridefinito grazie a una nuova legittimazione. Devono farsi carico della paura e dell’ignoranza e devono interagire con i cittadini senza sprezzo o sufficienza. Possono legittimarsi solo attraverso il dialogo, la prossimità, la coerenza, la capacità di ascolto.” In parte, già accade, basta vedere come hanno mutato il loro linguaggio rispetto al passato illustri intellettuali. Certo, non si possono portare fiori agli antivaccinisti o ai terrapiattisti. Ci sono limiti oltre i quali la disponibilità al dialogo non può andare.
  • Una nuova identità: per Pagnoncelli la definiscono i seguenti comportamenti:
      • La diffusione delle reti e dei legami di interazione dei consumatori;
      • La collaborazione spontanea anche in ambito politico-sociale;
      • Le giovani generazioni: la crisi esistenziale le atterrisce meno rispetto a chi ha paura di perdere quanto acquisito;
      • Le giovani generazioni: flessibili e pronte al cambiamento, faticano a relazionarsi con un mondo statico; ma la colpa è del mondo statico, non delle giovani generazioni;
      • Non farsi prendere per il naso è un dovere civico, prima ancora che un vantaggio personale.
  • Una diversa narrazione: bisogna ripartire da quei dati che sono più positivi di quel che crediamo, e senza cedere al sentimentalismo, ricordare che in Italia esistono mondi bellissimi:
      • L’Italia può vantare oltre quattro milioni d’imprese; abbiamo dei fiori all’occhiello, non solo la moda, ma anche l’industria farmaceutica, l’alimentare e altro ancora;
      • Esiste un capitale culturale immenso; e si parla di capitale culturale, non di patrimonio artistico, che è un’altra cosa;
      • Il Paese ha accettato la sfida ambientale, non si annovera tra i negazionisti; si è affermato un forte senso di responsabilità ambientale;
      • Le nostre aziende hanno investito sulla green economy: forse non ancora nella maniera giusta, ma il ghiaccio è già rotto;
      • Il ruolo sociale delle imprese è in crescita, anche se ancora non ce ne accorgiamo; è un elemento fondamentale;
      • In Italia è attivo un vero e proprio esercito di volontari, quasi sette milioni di persone; il terzo settore annovera 340000 organizzazioni, che danno lavoro a 800000 persone; e c’è anche il sostanzioso capitolo delle donazioni;
      • Se si esamina il dato del BES (benessere equo e sostenibile), ci si rende conto che l’Italia è messa assai meglio di altri Paesi a più alto tenore di vita.

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