Romanzo di David Grossman
Sì, va bene, l’argomento è quello dei lager della Jugoslavia di Tito, ma qui c’è dell’altro. Il romanzo di Grossman (Mondadori, 290 pp, 21 €) gira e rigira intorno ai suoi punti focali, e alla fine li risolve, ma oltre al fuoco principale, ce ne sono almeno altri tre: la vita nel kibbutz, il virgiliano Omnia vincit amor e il razzismo feroce nel paese multietnico per eccellenza. Abbandonata da bimba, e rimasta per tre anni presso zii che non l’amavano, Nina ha vissuto una vita randagia, continuando così anche quando ha avuto la possibilità di cambiare, tante e tanto forti erano le tracce di quell’abbandono. Il padre era morto, la madre, per amore del padre, aveva scelto di non tradirlo e per questo era stata chiusa nel lager. Gli zii le rimproveravano di essere la figlia di un serbo, e avevano per lei un sordo rancore. Nel kibbutz, la madre si rifà una vita, ma lei non si integra, non si vuole integrare, e a sua volta abbandona una figlia piccola. Il viaggio a Goli Otok riannoda i fili, e la conclusione, pur aperta, sembra positiva, anche se restano ancora tante pagliuzze che non si sa se potranno dar luogo ad altri fuochi.
Un romanzo molto bello, che rinnova una sensazione già vista: David Grossman ha cambiato temi e stile da quando suo figlio è morto nella guerra del 2006, ed è diventato ancora più grande di prima.
Alcuni passi che mi hanno colpito:
- Cosa fa di due persone una coppia? Una scintilla, un legame particolare, un senso di appartenenza, uno sguardo all’apparenza insignificante che indugia per un millesimo di secondo? Tutto questo, certo. Ma la cosa più importante è un senso di casa.
- Per me, invece, è una solidarietà totale e disinteressata.
- Vera dà una dimostrazione pratica, balla come se fosse nata a Harlem. Si muove con una leggerezza incredibile (a novant’anni!) e canticchia Bella Ciao, la canzone dei partigiani italiani e iugoslavi della sua giovinezza.
- Ora è la canzone di tutti i resistenti del mondo.
- Esce Rafael, entra Ghili. Pulisco qua e là, distruggo le prove. anche se nessuno sospetterà che sia io la colpevole di tutti quegli spruzzi. Be’, in fondo è mio padre. Sono un tantino responsabile nei suoi confronti.
- Un’immagine tenerissima.
- Per fare anche solo un po’ di bene a mondo, Vera, bisogna fare sforzo. Ma per fare male, basta accodarsi. È come se male va avanti da sé.
- Nell’epoca dei social, è ancora più vero.