Romanzo di Ian McEwan
Trattasi di metamorfosi al contrario: lo scarafaggio si sveglia trasformato in essere umano, pur conservando le doti da scarafaggio, ma, sorprendentemente, acquisendo immediatamente le doti e la memoria di un umano abile ed esperto; insomma, ora conosce e sa gestire cose che, in quanto scarafaggio, dovrebbero essere lontanissime da lui. L’essere immondo che era è diventato un importante leader politico, addirittura il primo ministro inglese alla vigilia di una rivoluzione: l’inversionismo. In questa visione, i cittadini pagano per il lavoro svolto, e ne ricevono per i loro consumi, ma l’accumulo di denaro viene punito severamente. Alla fine, l’anima scarafaggesca prevarrà, ma l’inversionismo resterà.
Proviamo a leggerla in un altro modo, che è poi l’unico possibile: un mondo che ha bisogno di unirsi decide invece di dividersi, e, dopo qualche perplessità iniziale, affida le proprie sorti a quei due immondi scarafaggi che rispondono ai nomi di Boris Johnson e Donald Trump. Come andrà a finire? No, l’inversionismo non ci sarà, ma ci potrebbe essere anche di peggio, per esempio tutta una nutrita serie di impensabili negazionismi per poter dire che va tutto bene e che questo è il migliore dei mondi possibili.
È una elegante novella scritta con la solita classe da Ian McEwan. Di lui, prima dello Scarafaggio, ho letto L’amore fatale, Chesil Beach, Solar, Miele, La ballata di Adam Henry e Nel guscio. Forse, dovrei leggere anche Espiazione.