Non tutti i bastardi sono di Vienna

Romanzo di Andrea Molesini

Questo romanzo (Sellerio 2010, 360 pp, 14 €) ambientato nel Veneto invaso dagli imperiali dopo Caporetto, è più corposo di quel che appare. A parte l’io narrante, un ragazzo di 17 anni, ci sono molti personaggi ben delineati, dai caratteri spiccati, tra i quali almeno tre sono particolarmente degni di nota: il nonno del ragazzo, un vecchio perdigiorno che non manca mai di tirar fuori la massima giusta, il maggiore dei servizi, tanto bravo come spia, quanto malaccorto come persona, e la rossa Giulia, di dubbia fama (per l’epoca), ma di forte personalità. Tutti ruotano in un ambiente in cui il matriarcato prevale per merito di due signore che governano la casa padronale, ma dove si dà più importanza al censo che all’araldica. I contadini e i popolani in genere hanno ampi motivi per lagnarsi dei padroni, ma quando c’è da scegliere tra quelli e gli stranieri, scelgono i padroni, almeno sul piano umano.

Alcuni punti interessanti:

“Per lui, tutto quello che non era nel Corano era del demonio.”: Lui è il califfo che incendiò la biblioteca di Alessandria, già peraltro impoverita da Cesare molti secoli prima. Oggi, sono molte le cose che il demonio potrebbe rivendicare in proprietà esclusiva, e bisogna stare attenti che la rete non cada definitivamente nelle sue grinfie.

“La paura della fame era in lui più forte della fame.”  Si riferisce a un ragazzo di famiglia povera, avvezzo alla fame. Oggi, si direbbe che la paura della paura sia più grande della paura, visto che i più accaniti contro gli immigrati sono quelli che abitano dove ce ne sono di meno.

“…di quello là, del nostro duce che non la finisce più di sciacquare nell’acquasantiera i panni del suo socialismo.” Sembra che parli della campagna elettorale della lega.

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